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Il tempo e la scuola

La scuola sembra essere l’unico luogo in cui il contesto non è rilevante.

Qual è il contesto di cui parlo? Tutto quello che c’è attorno all’attività scolastica: i luoghi in cui avviene; il tempo in cui avviene e quello che le si dedica; le persone coinvolte nell’attività, con le loro caratteristiche e le loro peculiarità. Tutto questo raramente viene considerato, a scuola. Quasi sempre, si preferisce correlare gli esiti dello studio e della crescita alla responsabilità individuale: se si hanno carenze, in matematica o in italiano, è perché “si è impegnata poco”, perché “non ha studiato abbastanza”, per non parlare di giudizi più radicali e definitivi, “casi disperati” e “studenti irrecuperabili”. L’impegno sembra essere l’unica variabile presa in considerazione. Tutta la responsabilità è dello studente, paradossalmente anche quando viene ritenuto “non capace”, quando “non ci arriva”, quando insomma nemmeno l’impegno sembra bastare.

Ma perché non si prendono in considerazione anche altre variabili? Il fatto che la maggior parte delle scuole è bruttarella e poco funzionale, o che le classi sono affollate, o che in luoghi così affollati c’è meno disponibilità di ossigeno… Il fatto che ci sono tanti modi per fare lezione, adatti a persone con attitudini e stili cognitivi differenti, ma nella stragrande maggioranza dei casi si pratica solo la lezione frontale. Perché? Lockdown e pandemia ci hanno costretto ad affrontare alcuni di questi temi, di queste variabili, e forse ci siamo accorti che effettivamente qualcosa poteva essere cambiata; molto, però, in questo primo periodo post-pandemico, sta tornando esattamente com’era prima della pandemia.

Un simpatico gioco in cui vengono proposti edifici e bisogna indovinare se è una scuola o una prigione. Potete giocarci qua.

Una delle variabili che rimane sempre sullo sfondo, e che raramente viene presa in considerazione per capire se ci si possa provare a lavorare su, è quella del tempo: sia il tempo effettivo in cui si va a scuola – il calendario scolastico – sia il tempo che si può dedicare a un singolo argomento o a una singola competenza.

L’orario scolastico, le ore della giornata in cui si va a scuola, è quasi intoccabile. A scuola si va la mattina, abbastanza presto (quasi sempre alle 8, o alle 8:30), si sta tendenzialmente fino all’ora di pranzo, si esce, e poi in molti casi si torna a casa a studiare e fare i compiti, provando a incastrarli in mezzo alle altre attività, sportive, artistiche, sociali nei migliori dei casi, lavorative nei più complicati. Se uno studente la mattina è poco predisposto all’ascolto, affari suoi. Se uno studente il pomeriggio è troppo stanco per studiare, magari perché si è svegliato presto per andare a una scuola lontana da casa, affari suoi. Il tempo è questo e non si tocca. Qualche scuola, negli ultimi anni, ha iniziato a sperimentare orari di ingresso diversi, e i risultati sembrano essere molto incoraggianti.

A scuola, poi, si fanno sempre 4, 5, 6 ore consecutive, con in mezzo solo una o due pause di 10-15 minuti. In queste ore, compresse, si fanno 2, 3, 4 o anche 5 materie diverse, anche molto diverse: storia prima, matematica poi, disegno tecnico, biologia, educazione fisica. Può capitare che uno studente debba risolvere un’equazione di secondo grado, e 20 minuti dopo fare l’analisi di una poesia di Foscolo. Ovviamente, se l’ordinamento prevede un certo numero di materie, è normale che in una giornata si debbano fare più materie: ci limitiamo a sottolinearne l’effetto straniante e con ragioni poco pedagogiche. Infatti, gli orari vengono composti facendo i conti con la disponibilità dei professori e con gli incastri possibili tra le diverse classi. Anche in questo caso, esistono sperimentazioni che provano a giocare con questi limiti, e di solito danno esiti positivi o comunque interessanti, ma troppo spesso rimangono prive di qualsiasi seguito o di qualsiasi divulgazione ben fatta a livello nazionale.

Quello su cui però si potrebbe immediatamente incidere è il tempo da dedicare ad argomenti e competenze che si giudicano fondamentali. A scuola, ogni materia ha generalmente il suo tempo: in primo si fa generalmente questo, in secondo si fa questo, in terzo si fa quest’altro, ecc. C’è un tempo assoluto che procede di anno in anno e che prescinde delle competenze degli studenti, che vengono date per acquisite una volta passato l’anno. Non ho mai imparato le tabelline? Pazienza, noi in primo facciamo questo, le tabelline sono un problema tuo. Non so mettere in fila quattro parole scritte senza naufragare miseramente in frasi incomprensibili? Pazienza, siamo in quarto e dobbiamo fare il testo argomentativo, affari tuoi.

Potremmo pure accettarlo: sembra naturale pensare che in primo liceo non si possano nuovamente fare le tabelline. Sarebbe scandaloso, no? Non ci si ricorda, però, che è la stessa istituzione – in uno degli ordini precedenti – che non ha aiutato Marco o Giulia a imparare le tabelline. Magari, proprio perché anche all’epoca non c’era abbastanza tempo per soffermarcisi. L’istituzione che poi, qualche anno dopo, dice a Marco e Giulia che sono affari loro, che quelle cose avrebbero dovute impararle prima, e se non l’hanno fatto è colpa e problema loro.

Dobbiamo capire una cosa: ogni persona ha il proprio percorso di apprendimento, le sue peculiarità, i punti di forza, le debolezze. E per questo, a seconda della competenza o della nozione, ogni studente può aver bisogno di tempi diversi. Di fronte alla “lentezza” (cioè, detto meglio, di fronte ai differenti tempi di apprendimento delle diverse persone) la scuola si comporta in due modi: rimanda – i famosi “debiti”, come se per forza tutto si dovesse ridurre a un valore economico – e boccia, con tutta la delusione e la frustrazione che ne consegue; oppure fa finta di niente.

In questo ultimo caso, si fa vivacchiare lo studente, non si prendono in carico i suoi problemi, e così si accumulano le carenze, che diventano via via più difficili da recuperare durante il resto della carriera scolastica. Nel caso invece della bocciatura e dei debiti formativi il tempo viene effettivamente dato: se uno viene bocciato deve rifare tutto l’anno, interamente, come se lo stesse facendo per la prima volta. Quindi in realtà non c’è l’occasione per approfondire o colmare le carenze, ma è un secondo tentativo senza che venga modificato alcunché. Più fortunati, forse, sono gli studenti che hanno ricevuto un debito e hanno anche un programma specifico preparato dal docente: in quel caso non bisogna recuperare tutto, ma solo gli argomenti e le competenze in cui si è riscontrata più difficoltà. Approfittando, inoltre, del tempo estivo: tre mesi in cui legittimamente ci si riposa, ma in cui si potrebbero anche affrontare gli argomenti scolastici con più tranquillità e serenità, potendo gestirsi i tempi, potendo decidere in che momento della giornata e quando studiare, concentrandosi su poche cose, magari relative alla stessa materia o agli stessi argomenti.

Il discorso è che per alcune cose ci vuole tempo, e non considerare questo porta inevitabilmente a una recita più che a un percorso educativo. Prendiamo ad esempio la scrittura: uno dei lamenti continui sui giovani d’oggi è che non sanno scrivere. Gli stessi professori di italiano si lamentano che i giovani non sanno scrivere, e spesso i problemi partono dalle elementari e dalle medie. E quindi perché il professore di liceo dovrebbe occuparsene? Lo riguarda? Beh, qua crediamo che lo riguardi eccome, a meno che il compito dell’insegnamento dell’italiano sia affrontare determinate nozioni/competenze sull’italiano a seconda dell’anno, senza mai andare alla base del ruolo vero: insegnare a usare la lingua in diversi contesti.

E per migliorare in questa competenza serve mooolto più tempo di quello che viene usualmente dedicato a scuola: serve innanzitutto provare, tentare, serve essere corretti e imparare a correggersi, serve riprovare, essere nuovamente corretti e correggersi nuovamente, e così via. Non c’è un termine, una fine, nella problematizzazione e nel miglioramento della scrittura e del suo uso: di certo bisogna dedicarle più tempo, delle due, tre ore che gli vengono dedicate di tanto in tanto per qualche compito d’italiano, in cui lo studente penserà più al voto che a migliorare nel suo stile e nella sua capacità espressiva.

Lo stesso vale per le competenze matematiche e per imparare a usare la matematica: a volte, i programmi sembrano fatti apposta per saturare qualsiasi momento, impedire i tempi morti, le piste sbagliate, il rimuginare sulla pagina bianca. Cosa vuole la scuola da te? La scuola preferisce che tu mostri di aver appreso una nozione o un metodo, semplicemente riproponendolo, piuttosto che metterti nella situazione di farci qualcosa di nuovo, con quella nozione o con quel metodo. Questo scenario stravolgerebbe il rigido tempo scolastico. Perché sperimentare, provare, mettersi in gioco comporta anche l’insuccesso e il tempo “perso” – che perso non è, se viene usato per imparare a muoversi con i metodi e le nozioni apprese.

Sarà per questo che alla fine, da tutor e educatore, amo lo studio estivo: un tempo svincolato dalla burocrazia e dalla spesso rigida programmazione scolastica, in cui non ci sono voti e prove quotidiane, in cui c’è tanto tempo per colmare lacune e anche provare meraviglia di fronte ad argomenti che mai avremmo immaginato. Semplicemente, abbiamo più tempo da dedicargli: possiamo masticare e digerire meglio.

Augurando un passaggio dell’anno senza debiti a tutti i nostri studenti e le nostre studentesse, ricordo con piacere -ovviamente oggi, con tutti il senno di poi – l’anno in cui presi il debito in chimica: numeri di ossidazione, ossidoriduzioni, bilanciamenti e coefficienti stechiometrici erano per me inarrivabili e incomprensibili, nel corso dell’anno. Durante l’estate mi è sembrata una scemenza: dovevo fare solo quello, potevo dedicarmici quando volevo, potevo rimuginarci, potevo provare. Ho passato il debito senza problemi e ancora mi ricordo come si bilanciano le ossidoriduzioni. Tra i tanti argomenti scolastici, forse è quello a cui ho dedicato più tempo.

Tema ironico

Guida alla nuova Maturità 2019 – Prima Prova

Per quanto gran parte dell’attenzione sulla nuova maturità sia focalizzata sulle seconde prove (che hanno subito grossi rivolgimenti, come vedremo nei prossimi giorni), sull’assenza della terza prova e sul nuovo procedimento per gli orali, forse non tutti sanno che anche la prima prova è cambiata un bel po’. Le simulazioni fatte il 19 febbraio e il 26 marzo ci consentono di fare una prima valutazione, anticipando che il giudizio è positivo per gran parte dei cambiamenti.

Partiamo dalla prima tipologia, quella dell’analisi del testo. La tipologia comprende, a scelta dello studente, un testo di prosa e un testo di poesia relativi alla letteratura studiata l’ultimo anno (finora sono usciti Montale, Pascoli, Morante e Pirandello): includere due opzioni invece di una ci sembra un’ottima innovazione, che riduce l’aleatorietà della tipologia. La prova, come negli anni passati, è suddivisa in due parti, una di analisi e comprensione, l’altra di produzione di un testo informativo e argomentativo, che ruota attorno al tema principale del brano, in cui viene invitato lo studente a fare confronti con altri autori e brani che affrontano lo stesso argomento. A differenza degli anni scorsi, viene anche data la possibilità di svolgere la prima parte scrivendo un unico testo al posto delle risposte alle singole domande: da una parte, è più difficile strutturare le risposte in un testo continuo e coeso, dall’altra dà più strumenti allo studente per “cavarsela” nel caso abbia poco da dire nelle risposte ad alcune domande (concentrandosi magari su altre). Tuttavia, bisognerà anche vedere come sarà valutata la scelta: a parità di informazioni fornite, lo studente che strutturerà le risposte in un unico testo avrà una valutazione migliore?

La seconda tipologia, quella informativo-argomentativa, è quella che ha subito più stravolgimenti, tutti molto interessanti. Innanzitutto, ci sarà solo un testo, e non l’usuale collage di brani: sono state accolte le critiche di chi diceva che i testi forniti per il saggio breve erano troppo brevi, decontestualizzati e per questo poco caratteristici per la tipologia informativo-argomentativa. Un testo più lungo, come quello della prova attuale, è più rappresentativo e permette di seguire un ragionamento più complesso. Anche le richieste sono molto diverse dal passato: una parte è dedicata a domande sulla comprensione (anche molto specifiche sul lessico e sui connettivi usati) e al vituperato riassunto: purtroppo nell’ultima simulazione del 26 marzo una delle proposte per questa tipologia non aveva come richiesta il riassunto, quindi non possiamo dire con certezza se ci sarà sempre. In ogni caso, l’inserimento di una parte di verifica sulla comprensione obbligherà a dedicare maggiore tempo, durante il percorso scolastico, proprio alla comprensione di testi informativo-argomentativi (ottimo!) e alla produzione di tipi di testo che affinano la scrittura in generale, come i riassunti (ottimo!), oltre a consentire una valutazione più razionale e distinta per competenze in sede d’esame.

Infine, nella seconda parte viene richiesta naturalmente la produzione di un testo a partire dagli spunti del brano riportato e dalle tematiche proposte dalla traccia, con la richiesta esplicita di “coesione e coerenza” (concetti che forse ora cominceranno a essere introdotti nella didattica per forza di cose). Insomma, questa nuova tipologia sembra una via di mezzo tra il classico tema scolastico e il vecchio saggio breve: si dà maggiore libertà allo studente in sede di produzione (attenzione: questo non vuol dire che è più semplice, anzi) mentre vengono introdotti paletti per quanto riguarda la comprensione, attività che finora non era mai entrata nell’esame di stato.

La tipologia C è quella di cui francamente non si capisce molto il senso, pur essendo praticamente uguale al tema degli anni passati: essendo l’unica tipologia che non presenta esplicitamente domande o richieste sulla comprensione, sembra essere stato concepito come refugium peccatorum, una boa di salvataggio, da una parte, per lo studente che ha difficoltà con le prove precedenti (soprattutto per quel che riguarda la comprensione del testo) dall’altra, per il docente che non ha la voglia/possibilità di affrontare durante il triennio un percorso legato alla comprensione e alla scrittura di testi non letterari. Invece, se la tipologia voleva essere una possibilità per quegli studenti più creativi e inventivi, a cui le maglie del discorso argomentativo stanno strette, allora non si è fatto abbastanza, visto che sempre un testo informativo-argomentativo viene chiesto. Inutile far notare che la tipologia C, senza paletti, senza distinzione delle competenze e che lascia molta libertà allo studente è in realtà molto più difficile delle altre due: diventa “più semplice” in fase di valutazione, proprio perché la mancanza di paletti e richieste esplicite consente ai docenti di essere di manica più larga.

Insomma, a parte la tipologia C, sostanzialmente invariata, la prima prova sembra decisamente migliorata, soprattutto perché la distinzione delle competenze (dalla comprensione alla stesura di un testo originale) permette di impostare un percorso didattico più razionale e utile rispetto al passato, consentendo di concentrarsi esplicitamente su tutti gli aspetti della lingua scritta, dalla lettura alla stesura. Nelle prossime settimane sottolineeremo questi aspetti e daremo qualche indicazione per affrontare la prima prova.

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Laudes, in occasione della nuova maturità 2019, ha deciso di pubblicare a cadenza regolare una guida per l’esame, in cui verranno analizzate le prove svolte finora nelle simulazioni: seguiteci su Facebook e sul blog per ricevere aggiornamenti sui post di approfondimento che pubblicheremo in questi giorni.

Ma non solo: anche quest’anno abbiamo attivato corsi di preparazione alla maturità con i nostri migliori docenti. Quest’anno sarà ancora più importante arrivare pronti, rilassati e preparati. Per qualsiasi informazione sui corsi di preparazione alla nuova maturità potete cliccare qua.

 

logo maturità 2019

Guida alla nuova Maturità 2019

Quest’anno tutti i riflettori sono sulla nuova maturità: l’esame di stato è infatti cambiato, e non poco, sia come strutturazione sia nelle singole prove (ce ne siamo già occupati qua). Naturalmente, il primo anno di un nuovo ciclo è quello che preoccupa di più, non essendoci esempi concreti dagli anni passati: per questo il MIUR ha organizzato delle simulazioni (che trovate qua) per la prima e la seconda prova, mentre rimaniamo ancora in attesa di esempi dei materiali di partenza dell’orale (qualche informazione aggiuntiva è stata data qualche giorno fa).

Ricordiamo i principali cambiamenti: la prima prova (che si svolgerà il 19 giugno) non avrà più il saggio breve ma un testo argomentativo da commentare e uno da produrre, le seconde prove (20 giugno) comprenderanno più materie di indirizzo (ad esempio greco e latino per i classici, fisica e matematica per gli scientifici), non ci sarà la terza prova e il colloquio orale prevederà l’estrazione di un argomento di partenza, una relazione sull’alternanza scuola lavoro e domande di educazione civica.

Laudes, in occasione della nuova maturità 2019, ha pubblicato una guida per l’esame, in cui sono state analizzate le prove svolte finora nelle simulazioni: seguiteci su Facebook e sul blog per ricevere altri aggiornamenti sulla Maturità 2019.

Prima prova: https://www.laudes.it/2019/05/guida-alla-nuova-maturita-2019-prima-prova/

Seconda prova – scientifico: https://www.laudes.it/2019/05/guida-alla-nuova-maturita-2019-seconda-prova-scientifico/

Seconda prova – classico: https://www.laudes.it/2019/05/guida-alla-nuova-maturita-2019-seconda-prova-classico/

Seconda prova – linguistico: https://www.laudes.it/2019/05/guida-alla-nuova-maturita-2019-seconda-prova-linguistico/

Colloquio orale: https://www.laudes.it/2019/05/guida-alla-nuova-maturita-2019-colloquio-orale/

Ma non solo: anche quest’anno abbiamo attivato corsi di preparazione alla maturità con i nostri migliori docenti. Quest’anno sarà ancora più importante arrivare pronti, rilassati e preparati. Per qualsiasi informazione sui corsi di preparazione alla nuova maturità potete cliccare qua.

Studente annoiato durante l'esame di maturità

Nuova Maturità 2019 – Doppia materia nella seconda prova

Oggi è stato annunciato dal ministro Bussetti che nella Maturità 2019 la seconda prova sarà composta da due materie caratterizzanti e che questo varrà per tutti gli indirizzi scolastici. Il decreto ministeriale uscito oggi lo trovate qua.

Ci saranno quindi latino-greco per il classico, matematica-fisica per lo scientifico, ma non solo: gli istituti tecnici per il turismo avranno “discipline turistiche e aziendali” e “inglese” ; il liceo delle scienze umane avrà “scienze umane” e “diritto ed economia politica”; gli istituti tecnici con indirizzo informatica avranno “informatica” e “sistemi e reti”; mentre l’istituto professionale per i servizi di enogastronomia avrà “scienze degli alimenti” e “laboratorio di servizi enogastronomici”. La lista completa potete trovarla qua.

A compensare il maggior carico di studio in vista della seconda prova, Bussetti ha anche promesso che le prove saranno “più semplici” rispetto agli anni passati.

Un’altra novità molto importante (visto che per questa maturità mancavano modelli di prove con cui esercitarsi) è l’introduzione di simulazioni nazionali dell’esame organizzate dal MIUR. Queste le date:

Prima prova scritta: 19 febbraio e 26 marzo
Seconda prova scritta: 28 febbraio e 2 aprile

Infine, indicazioni anche sull’orale: le commissioni  prepareranno come ogni anno i materiali di partenza e di spunto, tenendo conto del percorso reale svolto dagli studenti e descritto nel documento che i consigli di classe consegnano il 15 maggio e, il giorno della prova, saranno gli stessi studenti a sorteggiare i materiali sulla base dei quali sarà condotto il colloquio.

Nuove prove di maturità

Come cambia la maturità dal 2018/2019

L’anno scolastico 2017/2018 sarà l’ultimo con l’usuale modalità di ammissione e svolgimento dell’esame di maturità: a partire dal 2018/2019 cambieranno molte cose. La riforma dà un peso maggiore alla valutazione complessiva del triennio (il credito scolastico, attribuito in base alla media voti, può valere fino a 40 punti) e aumenta l’importanza della prima e della seconda prova (che passano dal valere 15 punti a valerne 20). Ma vediamo nel dettaglio.

Ammissione

Per essere ammessi all’esame di maturità servirà avere la sufficienza (l’agognato 6) in tutte le materie; tuttavia, è possibile essere ammessi con un’insufficienza su disposizione (naturalmente motivata) del Consiglio di Classe. Inoltre, bisognerà aver frequentato almeno i tre quarti delle ore di didattica annuali, aver partecipato alla prova Invalsi del quinto anno (che verterà su italiano, matematica e inglese ma non inciderà sul voto finale), aver svolto l’alternanza scuola-lavoro e avere la sufficienza in condotta.

Commissione

La commissione resterà tale e quale: 3 membri interni, 3 membri esterni e un presidente esterno.

Le prove

La grande novità è che non ci sarà più la terza prova; rimangono solo le prime due prove: la prima di italiano, uguale per tutti gli indirizzi, la seconda verterà sulle discipline caratterizzanti del corso di studio. Ci sarà infine la prova orale, che toccherà tutte le discipline e che prevederà inoltre la presentazione di una relazione (scritta o come elaborato multimediale) dell’alternanza scuola lavoro.

Voto finale

Le prove scritte e il colloquio orale possono dare un massimo di 60 punti (20 + 20 + 20), il credito scolastico avrà un peso molto maggiore: si passa infatti dal massimo di 15 punti della vecchia maturità a un massimo di 40 punti della nuova maturità, assegnati nel triennio in base alla media voto (come nella tabella). Inoltre, la commissione potrà assegnare ulteriori 5 punti a fronte di un credito scolastico di almeno 30 punti e un risultato complessivo nelle prove d’esame di almeno 50 punti. La valutazione minima per superare l’esame è 60 su 100.

Maturità 2018/2019: assegnazione crediti

Curriculum dello studente

Un’altra grande novità è il curriculum dello studente e della studentessa, che verrà allegato al diploma: in questo documento figureranno le ore complessive di frequenza per ogni disciplina; l’esito, in forma descrittiva, della prova Invalsi e la certificazione delle abilita’ di comprensione e uso della lingua inglese; le conoscenze e le abilità acquisite durante il percorso scolastico; le attività extra-scolastiche svolte (culturali, artistiche, sportive, di volontario e dell’alternanza scuola lavoro).

Cosa vogliamo dai nostri studenti? Spunti dalla maturità 2017

Esami di maturità 2017. Per l’analisi del testo della prima prova, la scelta di una poesia di Giorgio Caproni ha suscitato un esteso dibattito (qui un parere positivo e qui uno negativo): al di là delle invettive superficiali, che poco hanno a che fare con la didattica e la verifica di un percorso didattico (“Ma chi lo conosce Caproni?” “È la poesia più brutta di Caproni!”, ecc.), sono emerse delle critiche riguardo ad alcune questioni profonde che un sistema scolastico dovrebbe continuamente affrontare, e su cui ogni persona che lavora in ambito educativo, di ogni livello, dovrebbe riflettere. La domanda che bisognerebbe porsi, direttamente connessa all’esame, è semplicemente questa: cosa stiamo chiedendo agli studenti? Domanda che però ne presuppone un’altra: cosa vogliamo insegnare agli studenti?

Vi proponiamo perciò le opinioni di due nostri soci e docenti, originariamente postate su Facebook, che speriamo possano stimolare ulteriori riflessioni.

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Giulia Addazi

Quasi nessun professore riesce ad arrivare fino a Caproni nel programma di quinto. Vero. Ma la poesia è semplice e con un messaggio immediato (al limite del banale), hanno detto in molti. Vero di nuovo.
Ma il punto è: cosa stiamo chiedendo ai nostri studenti? Perché se gli chiediamo solo di comprendere il senso di un testo e analizzarne la lettera secondo gli strumenti di analisi linguistica e retorica che per cinque anni ci siamo affannati a fornirgli, forse, non ci è ancora chiaro che l’analisi strutturalista è leggermente démodé e, soprattutto, che un testo non può essere descritto ignorando i rapporti che intrattiene con altri testi, o la tradizione, la poetica, il contesto storico, politico, sociale in cui un autore si muove.
Si insinua allora il dubbio che, dopo anni di teorie funzionali (cioè: facciamo scrivere e parlare i ragazzi delle cose che conoscono, che li appassionano o che – comunque – costituiscano riferimenti reali per loro), alla fine ci riduciamo sempre a premiare chi meglio ce la sa intortare. Li istighiamo a scrivere di ciò che non sanno – ma a farlo bene, con bei periodi lunghi e complessi (e una poesia come quella di Caproni non rende difficile il compito, in effetti: giù con banalità sull’amore per la natura – bleah!). Forse, la cattiva abitudine a premiare il Pierino del dottore di turno, abituato a esercitare la vuota magniloquenza, è un difetto che la scuola italiana non riesce, o non vuole, correggere.
A cinquant’anni dalla pubblicazione di “Lettera a una professoressa” e dalla morte di Don Lorenzo Milani (in un anno in cui – nel bene e nel male – del priore di Barbiana si è parlato tanto, anche dagli altri scranni del ministero), pare che la lezione non sia stata ancora recepita. Anzi, temo che da certi editorialisti borghesucci e radical chic possa venire un osanna generale al “grande Caproni, troppo poco studiato, per la verità”.
E allora vi ripropongo il celebre racconto delle carrozze ferroviarie e del tema di licenza media, da “Lettera a una professoressa”.

A giugno del terzo anno di Barbiana mi presentai alla licenza media come privatista. Il tema fu: «Parlano le carrozze ferroviarie». A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: Aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi limiti di tempo. Così scrivo coi miei compagni questa lettera. Così spero che scriveranno i miei scolari quando sarò maestro. Ma davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell’arte di tutti i tempi? Se volevo essere onesto dovevo lasciare la pagina in bianco. Oppure criticare il tema e chi me l’aveva dato.

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Michelangelo Pecoraro

Caproni mi piace; non quanto Pascoli o Montale, per stare agli autori nel programma dell’ultimo anno, ma mi piace.
Non trovo disprezzabile il tema della poesia scelta per l’esame di maturità di quest’anno, cioè il rapporto tra la natura e l’uomo, tutt’altro: lo trovo adeguato al periodo storico e foriero di stimolanti riflessioni. Qualcuno lo definisce “banale”, ma ritengo che questo tipo di giudizi lasci sempre il tempo che trova: spesso ciò che viene etichettato come “banale” o “superficiale” è più interessante e meno opinabile di tanti pensieri “profondi” o “complessi” (categoria analitica, non ontologica, ormai applicata, a mo’ di giudizio definitivo, a qualsiasi cosa si ritenga degna della propria attenzione); se non la pensassi così, non apprezzerei a tal punto le poesie di Leopardi o le lettere morali di Seneca, autori tra i miei preferiti e spesso “banali”, ma di quella “banalità” che io preferisco chiamare “saggezza”.
Ma c’è un “ma” e non di poco conto.
Come in molti già hanno notato, la poesia scelta pone un problema di principio, cioè cosa viene richiesto ai ragazzi, quali abilità si tenta di sollecitare attraverso questa prova.
Caproni, ottimo poeta che non ha certo bisogno di apologie o apoteosi, non viene quasi mai fatto studiare dai docenti, nel corso dell’ultimo anno; al massimo, se ne fanno leggere una o due poesie durante il biennio, quando si studiano gli strumenti retorici dell’analisi poetica. Dunque, dopo anni passati a spiegare ai ragazzi (e ai genitori, nel corso dei colloqui) l’importanza dello studio e della conoscenza del contesto (storico, letterario e artistico in senso lato) per spiegare i prodotti dell’agire umano, gli si dà da scrivere riflessioni su un autore di cui si è detto poco o niente. Insomma, il timore è che il messaggio di fondo sia: “Vediamo come ve la cavate, perché nella vita vi capiterà spesso di dover discutere e argomentare su cose delle quali non saprete nulla”.