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Il mostro della matematica: racconto di un’esperienza in classe

È una mattina fin troppo calda per essere febbraio, e per la prima volta mi appresto a entrare in una scuola in veste “ufficiale”, per tenere un corso di “recupero” di competenze base.

Si tratta di una situazione nuova per me e un po’ di preoccupazione sale: è vero che l’esperienza non mi manca, sono anni che insegno matematica e fisica con Laudes, ma principalmente in modalità uno a uno. Come andrà con un nutrito gruppo di ragazzi e ragazze, dentro a una scuola? Ho intenzione comunque di dare il massimo: preparo una bella scaletta con diverse attività, un gioco iniziale per sorprenderli, i collegamenti tra il programma di matematica e il gioco che voglio proporli. Insomma, pianifico ogni cosa.

Ma come sempre accade, entro in classe e c’è una prima sorpresa: dovevano essere studenti di un primo anno dell’indirizzo Tecnico Commerciale, e invece sono del secondo anno del Liceo Digitale.

Ok, è il momento di improvvisare, come capita spesso anche nell’uno a uno: inizio con un bel giro di nomi, facciamo un po’ conoscenza, gli chiedo di dirmi anche che rapporto hanno con la matematica (disastroso, a sentir loro), poi li spiazzo facendoli alzare per fare qualche partita a Chopsticks (un gioco che si fa con le dita e che richiede strategia e calcolo). Rotto il ghiaccio con un po’ di divertimento (e matematica), ci spostiamo su argomenti più scolastici: gli chiedo che argomenti stanno facendo e iniziamo a vedere qualcosa sulle espressioni con i radicali. E la prima giornata è andata.

Bene, ora devo riorganizzare tutto il programma che mi ero fatto su frazioni, potenze, monomi e polinomi: stanno facendo il secondo anno, non il primo. I tempi sono stretti, ma riesco a tirare fuori qualcosa: domani sarò più preparato. Posso ripartire dalle disequazioni, proseguire con l’algebra, virare ogni tanto sulla geometria per non stancare l’uditorio, e coprire tutto il programma che “devono recuperare”. Risolveranno ogni difficoltà con il programma che ho preparato.

Certo, come no. Il secondo giorno parto con la mia bella lezioncina, ed è già tanto che qualcuno mi presti un minimo di ascolto, tra una chiacchiera, un lancio di aeroplanini, un messaggio su whatsapp. Ok, è il momento di cambiare strategia di nuovo: torniamo a giocare, questa volta a Tokio (un gioco di dadi). Anche questa volta, le barriere tra me e loro iniziano ad allentarsi, iniziano a capire che sono lì per loro e che, così come possiamo divertirci insieme giocando coi numeri, allo stesso modo possiamo affrontare insieme questo corso, e soprattutto la matematica che tanto li spaventa.

E così anche loro cominciano a fidarsi sempre di più, capiscono che se hanno dubbi possono farmi domande senza problemi, capiscono anche che non si sentiranno giudicati per i loro errori.

Io mi rendo conto che la loro agitazione e paura per la matematica diminuisce mano a mano che costruiamo una fiducia reciproca: cerco quindi di coinvolgerli sempre di più. Gli incontri diventano sempre più induttivi: smontiamo e ricostruiamo tutti gli argomenti del “recupero”, arriviamo alle formalizzazione necessarie in matematica ma costruendo da soli i vari “mostri matematici” in una forma comprensibile e intuitiva. Come quando abbiamo affrontato equazioni e disequazioni fratte, e abbiamo capito insieme la necessità di introdurre delle condizioni di esistenza per il denominatore, risalendo fino alle elementari e alla prova delle divisioni per capirlo appieno.

La creazione reciproca di questo clima più disteso e rilassato, oltre a togliere un po’ di agitazione a me, ha fatto sì che si sentissero liberi di chiedere, di parlare, di esprimere i loro dubbi e perplessità. In questo, l’inserimento di una componente ludico-didattica è stato fondamentale: ha permesso di farli giocare, usando competenze legate alla matematica, al ragionamento logico e all’espressione verbale matematica, ma ridendo e sfidandosi a suon di dadi, carte, giochi di società, partite a Taboo a tema…

Piano piano anche lo scopo stesso del tempo che stavamo passando insieme è parzialmente cambiato: più che un corso di recupero è diventato un tentativo di fare pace con la matematica, di capire che questa materia astrusa non è così fuori dalla loro portata come pensavano, anzi può diventare comprensibile e addirittura divertente, tanto che ci si può anche giocare.

Ovviamente, la fiducia va costruita: in caso di dubbi ed errori, per prima cosa li spronavo a cercare autonomamente una soluzione, offrendo eventualmente qualche indizio o traccia da seguire. E spesso la soluzione è arrivata da altri compagni, con un lavoro tra pari che porta ad aiutarsi a vicenda nella risoluzione di esercizi e nel darsi consigli, senza cercare di prevalere sul compagno o di metterlo “in ridicolo”.

E il far pace con la materia non può che abbinarsi a un altro obiettivo: recuperare la motivazione e rafforzare l’autostima. Non riuscire a risolvere una parte di un esercizio non vuol dire essere stupidi o non essere portati per la matematica. Soprattutto, se si considera tutta la parte di esercizio che invece è stata svolta: quando uno studente ci fa caso, poi si sente anche più motivato a cercare di risolvere un eventuale errore, a concentrarsi su una difficoltà.

Nel corso dell’ultima lezione di questo (purtroppo) breve corso, insieme a un educatore-coadiuvatore che ci ha accompagnati in questa esperienza, abbiamo deciso di chiudere proponendo un momento di dialogo e discussione, in cui i ragazzi hanno potuto esprimere liberamente le loro opinioni su quanto fatto insieme. E questo è stato il momento più alto dell’esperienza comune: hanno detto che finalmente erano riusciti a capire varie “cose matematiche” apparentemente spaventose e incomprensibili fatte assieme, che con una buona dose di motivazione si erano accorti di essere effettivamente “bravi” e in grado di farle, che anche i “momenti di gioco” erano funzionali a farli ragionare e usare la logica… che anche un mostro come la matematica, insomma, poteva essere alla loro portata.

Il tempo e la scuola

La scuola sembra essere l’unico luogo in cui il contesto non è rilevante.

Qual è il contesto di cui parlo? Tutto quello che c’è attorno all’attività scolastica: i luoghi in cui avviene; il tempo in cui avviene e quello che le si dedica; le persone coinvolte nell’attività, con le loro caratteristiche e le loro peculiarità. Tutto questo raramente viene considerato, a scuola. Quasi sempre, si preferisce correlare gli esiti dello studio e della crescita alla responsabilità individuale: se si hanno carenze, in matematica o in italiano, è perché “si è impegnata poco”, perché “non ha studiato abbastanza”, per non parlare di giudizi più radicali e definitivi, “casi disperati” e “studenti irrecuperabili”. L’impegno sembra essere l’unica variabile presa in considerazione. Tutta la responsabilità è dello studente, paradossalmente anche quando viene ritenuto “non capace”, quando “non ci arriva”, quando insomma nemmeno l’impegno sembra bastare.

Ma perché non si prendono in considerazione anche altre variabili? Il fatto che la maggior parte delle scuole è bruttarella e poco funzionale, o che le classi sono affollate, o che in luoghi così affollati c’è meno disponibilità di ossigeno… Il fatto che ci sono tanti modi per fare lezione, adatti a persone con attitudini e stili cognitivi differenti, ma nella stragrande maggioranza dei casi si pratica solo la lezione frontale. Perché? Lockdown e pandemia ci hanno costretto ad affrontare alcuni di questi temi, di queste variabili, e forse ci siamo accorti che effettivamente qualcosa poteva essere cambiata; molto, però, in questo primo periodo post-pandemico, sta tornando esattamente com’era prima della pandemia.

Un simpatico gioco in cui vengono proposti edifici e bisogna indovinare se è una scuola o una prigione. Potete giocarci qua.

Una delle variabili che rimane sempre sullo sfondo, e che raramente viene presa in considerazione per capire se ci si possa provare a lavorare su, è quella del tempo: sia il tempo effettivo in cui si va a scuola – il calendario scolastico – sia il tempo che si può dedicare a un singolo argomento o a una singola competenza.

L’orario scolastico, le ore della giornata in cui si va a scuola, è quasi intoccabile. A scuola si va la mattina, abbastanza presto (quasi sempre alle 8, o alle 8:30), si sta tendenzialmente fino all’ora di pranzo, si esce, e poi in molti casi si torna a casa a studiare e fare i compiti, provando a incastrarli in mezzo alle altre attività, sportive, artistiche, sociali nei migliori dei casi, lavorative nei più complicati. Se uno studente la mattina è poco predisposto all’ascolto, affari suoi. Se uno studente il pomeriggio è troppo stanco per studiare, magari perché si è svegliato presto per andare a una scuola lontana da casa, affari suoi. Il tempo è questo e non si tocca. Qualche scuola, negli ultimi anni, ha iniziato a sperimentare orari di ingresso diversi, e i risultati sembrano essere molto incoraggianti.

A scuola, poi, si fanno sempre 4, 5, 6 ore consecutive, con in mezzo solo una o due pause di 10-15 minuti. In queste ore, compresse, si fanno 2, 3, 4 o anche 5 materie diverse, anche molto diverse: storia prima, matematica poi, disegno tecnico, biologia, educazione fisica. Può capitare che uno studente debba risolvere un’equazione di secondo grado, e 20 minuti dopo fare l’analisi di una poesia di Foscolo. Ovviamente, se l’ordinamento prevede un certo numero di materie, è normale che in una giornata si debbano fare più materie: ci limitiamo a sottolinearne l’effetto straniante e con ragioni poco pedagogiche. Infatti, gli orari vengono composti facendo i conti con la disponibilità dei professori e con gli incastri possibili tra le diverse classi. Anche in questo caso, esistono sperimentazioni che provano a giocare con questi limiti, e di solito danno esiti positivi o comunque interessanti, ma troppo spesso rimangono prive di qualsiasi seguito o di qualsiasi divulgazione ben fatta a livello nazionale.

Quello su cui però si potrebbe immediatamente incidere è il tempo da dedicare ad argomenti e competenze che si giudicano fondamentali. A scuola, ogni materia ha generalmente il suo tempo: in primo si fa generalmente questo, in secondo si fa questo, in terzo si fa quest’altro, ecc. C’è un tempo assoluto che procede di anno in anno e che prescinde delle competenze degli studenti, che vengono date per acquisite una volta passato l’anno. Non ho mai imparato le tabelline? Pazienza, noi in primo facciamo questo, le tabelline sono un problema tuo. Non so mettere in fila quattro parole scritte senza naufragare miseramente in frasi incomprensibili? Pazienza, siamo in quarto e dobbiamo fare il testo argomentativo, affari tuoi.

Potremmo pure accettarlo: sembra naturale pensare che in primo liceo non si possano nuovamente fare le tabelline. Sarebbe scandaloso, no? Non ci si ricorda, però, che è la stessa istituzione – in uno degli ordini precedenti – che non ha aiutato Marco o Giulia a imparare le tabelline. Magari, proprio perché anche all’epoca non c’era abbastanza tempo per soffermarcisi. L’istituzione che poi, qualche anno dopo, dice a Marco e Giulia che sono affari loro, che quelle cose avrebbero dovute impararle prima, e se non l’hanno fatto è colpa e problema loro.

Dobbiamo capire una cosa: ogni persona ha il proprio percorso di apprendimento, le sue peculiarità, i punti di forza, le debolezze. E per questo, a seconda della competenza o della nozione, ogni studente può aver bisogno di tempi diversi. Di fronte alla “lentezza” (cioè, detto meglio, di fronte ai differenti tempi di apprendimento delle diverse persone) la scuola si comporta in due modi: rimanda – i famosi “debiti”, come se per forza tutto si dovesse ridurre a un valore economico – e boccia, con tutta la delusione e la frustrazione che ne consegue; oppure fa finta di niente.

In questo ultimo caso, si fa vivacchiare lo studente, non si prendono in carico i suoi problemi, e così si accumulano le carenze, che diventano via via più difficili da recuperare durante il resto della carriera scolastica. Nel caso invece della bocciatura e dei debiti formativi il tempo viene effettivamente dato: se uno viene bocciato deve rifare tutto l’anno, interamente, come se lo stesse facendo per la prima volta. Quindi in realtà non c’è l’occasione per approfondire o colmare le carenze, ma è un secondo tentativo senza che venga modificato alcunché. Più fortunati, forse, sono gli studenti che hanno ricevuto un debito e hanno anche un programma specifico preparato dal docente: in quel caso non bisogna recuperare tutto, ma solo gli argomenti e le competenze in cui si è riscontrata più difficoltà. Approfittando, inoltre, del tempo estivo: tre mesi in cui legittimamente ci si riposa, ma in cui si potrebbero anche affrontare gli argomenti scolastici con più tranquillità e serenità, potendo gestirsi i tempi, potendo decidere in che momento della giornata e quando studiare, concentrandosi su poche cose, magari relative alla stessa materia o agli stessi argomenti.

Il discorso è che per alcune cose ci vuole tempo, e non considerare questo porta inevitabilmente a una recita più che a un percorso educativo. Prendiamo ad esempio la scrittura: uno dei lamenti continui sui giovani d’oggi è che non sanno scrivere. Gli stessi professori di italiano si lamentano che i giovani non sanno scrivere, e spesso i problemi partono dalle elementari e dalle medie. E quindi perché il professore di liceo dovrebbe occuparsene? Lo riguarda? Beh, qua crediamo che lo riguardi eccome, a meno che il compito dell’insegnamento dell’italiano sia affrontare determinate nozioni/competenze sull’italiano a seconda dell’anno, senza mai andare alla base del ruolo vero: insegnare a usare la lingua in diversi contesti.

E per migliorare in questa competenza serve mooolto più tempo di quello che viene usualmente dedicato a scuola: serve innanzitutto provare, tentare, serve essere corretti e imparare a correggersi, serve riprovare, essere nuovamente corretti e correggersi nuovamente, e così via. Non c’è un termine, una fine, nella problematizzazione e nel miglioramento della scrittura e del suo uso: di certo bisogna dedicarle più tempo, delle due, tre ore che gli vengono dedicate di tanto in tanto per qualche compito d’italiano, in cui lo studente penserà più al voto che a migliorare nel suo stile e nella sua capacità espressiva.

Lo stesso vale per le competenze matematiche e per imparare a usare la matematica: a volte, i programmi sembrano fatti apposta per saturare qualsiasi momento, impedire i tempi morti, le piste sbagliate, il rimuginare sulla pagina bianca. Cosa vuole la scuola da te? La scuola preferisce che tu mostri di aver appreso una nozione o un metodo, semplicemente riproponendolo, piuttosto che metterti nella situazione di farci qualcosa di nuovo, con quella nozione o con quel metodo. Questo scenario stravolgerebbe il rigido tempo scolastico. Perché sperimentare, provare, mettersi in gioco comporta anche l’insuccesso e il tempo “perso” – che perso non è, se viene usato per imparare a muoversi con i metodi e le nozioni apprese.

Sarà per questo che alla fine, da tutor e educatore, amo lo studio estivo: un tempo svincolato dalla burocrazia e dalla spesso rigida programmazione scolastica, in cui non ci sono voti e prove quotidiane, in cui c’è tanto tempo per colmare lacune e anche provare meraviglia di fronte ad argomenti che mai avremmo immaginato. Semplicemente, abbiamo più tempo da dedicargli: possiamo masticare e digerire meglio.

Augurando un passaggio dell’anno senza debiti a tutti i nostri studenti e le nostre studentesse, ricordo con piacere -ovviamente oggi, con tutti il senno di poi – l’anno in cui presi il debito in chimica: numeri di ossidazione, ossidoriduzioni, bilanciamenti e coefficienti stechiometrici erano per me inarrivabili e incomprensibili, nel corso dell’anno. Durante l’estate mi è sembrata una scemenza: dovevo fare solo quello, potevo dedicarmici quando volevo, potevo rimuginarci, potevo provare. Ho passato il debito senza problemi e ancora mi ricordo come si bilanciano le ossidoriduzioni. Tra i tanti argomenti scolastici, forse è quello a cui ho dedicato più tempo.

Guida alla nuova Maturità 2019 – Seconda Prova Scientifico

Quest’anno gli studenti di quinto liceo scientifico saranno alle prese con una seconda prova mista di matematica e fisica. Si tratta di una novità sostanziosa rispetto agli anni passati, in cui era prevista una prova su un’unica materia – di fatto sempre matematica, in tempi recenti. Si possono scorgere le buone intenzioni del Ministero, che cerca di integrare in maniera armoniosa le due discipline. Personalmente non posso che approvare da questo punto di vista: troppo spesso infatti i due linguaggi risultano paradossalmente scollati, con sfasamenti nei programmi che non vanno di pari passo, nessi storici che non vengono mai evidenziati, e tante altre piccole contraddizioni.

Purtroppo la prova di maturità costituisce solo l’ultimo passo della formazione liceale dei ragazzi e, senza una seria presa di coscienza di tutti i professori e degli studenti stessi, la riflessione resterà circoscritta al “come prepararsi per la prova finale” e non potrà estendersi al “come chiarire e sviluppare il rapporto tra matematica e fisica“, un discorso molto ampio e potenzialmente fruttoso che dovrebbe abbracciare l’intero ciclo scolastico.
Quello che mi sento di consigliare a tutti è tranquillità e fiducia. Sfatiamo lo “spauracchio” del problema di fisica, generalmente considerato più enigmatico di un quesito della Sfinge – non solo dai ragazzi nel doverne trovare la soluzione, ma a volte, anche dai professori nel doverlo spiegare. Sostituirei l’idea di una “soluzione da trovare” con quella di una “situazione da capire“. In questo modo sarà possibile sfruttare appieno la preparazione matematica su studio di funzione, risoluzione di equazioni, calcolo di integrali e quant’altro. Basta fermarsi qualche minuto a considerare che “calcolare una quantità vicino a un certo punto” può essere fatto andandoci con un limite. Pensate che una formula fisica nient’altro è che un’equazione, simile alle centinaia che trovate sul testo di matematica! Solo che la “x” può essere una forza “F”, una carica “Q”, eccetera. Se volete sommare tanti minuscoli pezzettini, un integrale definito può aiutarvi nel compito. E così via…

Come esempio di collegamento tra i programmi di matematica e fisica, consiglio di esaminare il quesito 6 della simulazione ufficiale del 28 Febbraio, magari in classe e con l’aiuto del professore o della professoressa, in cui viene presentato un collegamento interessante tra leggi del moto (cinematica del punto) ed il teorema di Lagrange (calcolo differenziale).

Attenzione perché nella simulazione non mancano le pecche, anche gravi, come ad esempio nel primo esercizio in cui si dà, a mio avviso, una scorretta interpretazione fisica della funzione q(t) (in realtà poi evidenziato anche sul sito del MIUR). Insomma, sembra che i primi a doversi chiarire il rapporto tra matematica e fisica siano proprio i tecnici del Ministero!

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Laudes, in occasione della nuova maturità 2019, ha deciso di pubblicare a cadenza regolare una guida per l’esame, in cui verranno analizzate le prove svolte finora nelle simulazioni: seguiteci su Facebook e sul blog per ricevere aggiornamenti sui post di approfondimento che pubblicheremo in questi giorni.

Ma non solo: anche quest’anno abbiamo attivato corsi di preparazione alla maturità con i nostri migliori docenti. Quest’anno sarà ancora più importante arrivare pronti, rilassati e preparati. Per qualsiasi informazione sui corsi di preparazione alla nuova maturità potete cliccare qua.

 

Studente annoiato durante l'esame di maturità

Nuova Maturità 2019 – Doppia materia nella seconda prova

Oggi è stato annunciato dal ministro Bussetti che nella Maturità 2019 la seconda prova sarà composta da due materie caratterizzanti e che questo varrà per tutti gli indirizzi scolastici. Il decreto ministeriale uscito oggi lo trovate qua.

Ci saranno quindi latino-greco per il classico, matematica-fisica per lo scientifico, ma non solo: gli istituti tecnici per il turismo avranno “discipline turistiche e aziendali” e “inglese” ; il liceo delle scienze umane avrà “scienze umane” e “diritto ed economia politica”; gli istituti tecnici con indirizzo informatica avranno “informatica” e “sistemi e reti”; mentre l’istituto professionale per i servizi di enogastronomia avrà “scienze degli alimenti” e “laboratorio di servizi enogastronomici”. La lista completa potete trovarla qua.

A compensare il maggior carico di studio in vista della seconda prova, Bussetti ha anche promesso che le prove saranno “più semplici” rispetto agli anni passati.

Un’altra novità molto importante (visto che per questa maturità mancavano modelli di prove con cui esercitarsi) è l’introduzione di simulazioni nazionali dell’esame organizzate dal MIUR. Queste le date:

Prima prova scritta: 19 febbraio e 26 marzo
Seconda prova scritta: 28 febbraio e 2 aprile

Infine, indicazioni anche sull’orale: le commissioni  prepareranno come ogni anno i materiali di partenza e di spunto, tenendo conto del percorso reale svolto dagli studenti e descritto nel documento che i consigli di classe consegnano il 15 maggio e, il giorno della prova, saranno gli stessi studenti a sorteggiare i materiali sulla base dei quali sarà condotto il colloquio.

Nuove prove di maturità

Seconda prova della maturità 2017/2018

Ieri sono state comunicate le materie della seconda prova per la maturità 2017/2018, l’ultima maturità che prevede l’attuale svolgimento (dal 2018/2019 infatti cambierà, come abbiamo scritto qua).

Non ci sono state particolari sorprese: per il liceo classico ci sarà la prova di greco, in un’alternanza ormai consolidata con il latino, mentre per lo scientifico la prova sarà di matematica, come è sempre avvenuto (per il liceo scientifico tradizionale non è mai uscita la prova di fisica). Sempre nell’ambito dei licei ci sarà scienze umane per il Liceo delle Scienze umane, discipline artistiche e progettuali  per il Liceo artistico, teoria, analisi e composizione per il Liceo musicale e tecniche della danza  per Liceo coreutico.

Per quanto riguarda gli istituti professionali e gli istituti tecnici, la seconda prova varia a seconda dell’indirizzo. Per quanto riguarda gli istituti professionali, scienza e cultura dell’alimentazione sarà la seconda prova dell’indirizzo Servizi enogastronomia e ospitalità alberghiera, con diritto e tecniche amministrative della struttura ricettiva per l’articolazione Accoglienza turistica; tecniche professionali dei servizi commerciali per l’indirizzo Servizi commerciali; tecnica di produzione e di organizzazione per l’articolazione Industria dell’indirizzo Produzioni industriali e artigianali e progettazione e realizzazione del prodotto per l’articolazione Artigianato; tecnologie e tecniche di installazione e manutenzione per l’indirizzo Manutenzione e Assistenza tecnica.

Per quanto riguarda invece gli istituti tecnici, come seconda prova ci  sarà economia aziendale per l’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing; lingua inglese nell’articolazione Relazioni internazionali per il marketing e nell’indirizzo Turismo; estimo nell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio; meccanica, macchine ed energia per l’indirizzo Meccanica, Meccatronica ed Energia; sistemi e reti per l’indirizzo Informatica e telecomunicazioni; progettazione multimediale per l’indirizzo Grafica e comunicazione; economia, estimo, marketing e legislazione per l’indirizzo Agrario.

Insieme alle indicazioni è arrivato l’in bocca al lupo della ministra Fedeli, che ha invitato gli studenti a continuare “a consolidare la preparazione, ad arricchire le conoscenze e competenze”, non solo per la Maturità ma “come bagaglio da portare lungo tutto l’arco della vita”.

Potete trovare l’elenco completo per ogni articolazione e per ogni progetto sul sito del MIUR: qua  per i licei, qua  per gli istituti professionali e qua per gli istituti tecnici.

Computer collegato al sito di Laudes con una libreria sullo sfondo

Studiare a Laudes – Lettera di una mamma

Generalmente, delle lettere di ringraziamento che ci mandano studenti e famiglie, pubblichiamo solo qualche breve frase nella sezione “Dicono di noi” (potete vederle qua). In questo caso però le parole sono talmente belle e la lettera restituisce in maniera così piena quello che ogni giorno ci impegniamo a fare con Laudes che sarebbe un peccato non pubblicarla per intero.

Mio figlio ha frequentato nell’anno 2016-17 il I liceo linguistico riscontrando molte difficoltà. Faceva già ripetizioni di matematica da alcuni anni ma con scarsi risultati. Alla fine del primo quadrimestre aveva diverse insufficienze ed era molto scoraggiato. Avevo sentito parlare molto bene dell’Associazione Laudes e così ci siamo rivolti a loro.

Dal primo momento ho riscontrato da parte di tutti i ragazzi che vi lavorano una grande disponibilità e gentilezza e, soprattutto, un forte desiderio di conoscere e capire il ragazzo aiutandolo con un approccio “olistico” e adatto alla sua personalità.

Da subito, è stato chiaro che il loro obiettivo non era semplicemente quello di portare il ragazzo ad assimilare delle nozioni ma anche a cambiare atteggiamento nei confronti della scuola, ad imparare a studiare e ad esprimersi adeguatamente, superando le proprie insicurezze. I ragazzi di Laudes hanno adottato un approccio individuale, su misura per mio figlio, per il suo carattere e per le sue esigenze, piuttosto che uno stile standardizzato da applicare a tutti nello stesso modo.

Inoltre, ho trovato molto positivo il fatto di andare a studiare in un ambiente diverso da casa, in compagnia di altri ragazzi e con insegnanti giovani e dinamici, in una “mini-scuola”, dove, in un unico luogo, si può ricevere sostegno per qualsiasi materia, a seconda delle esigenze del momento. Credo che tutto ciò sia benefico ai fini di instaurare un’atmosfera meno “punitiva” e molto più stimolante rispetto a quella che si crea quando un insegnante viene a domicilio.

I ragazzi di Laudes hanno aiutato mio figlio a fare un cammino di recupero oltre ogni aspettativa. È arrivato lì a febbraio con 6 insufficienze ed è riuscito a recuperare 4 materie a giugno e 2 a settembre. Inoltre, credo che abbia imparato anche ad affrontare la scuola con un atteggiamento diverso e a credere di più nelle proprie capacità e, nonostante abbia dovuto lavorare tanto, è sempre andato a fare lezione volentieri, mentre viveva le ripetizioni a casa come un incubo. Infatti, ha costruito con i suoi insegnanti un rapporto positivo, ha trovato incoraggiamento e modelli positivi da seguire, bravi docenti ma allo stesso tempo ragazzi stimolanti con cui relazionarsi che non lo hanno mai mortificato davanti alle sue difficoltà come in passato altri avevano fatto.

Voglio ringraziare in particolare Fabio, Michelangelo ed Elena!

Con sincera stima e gratitudine,

V.